Le origini di quello che, a partire dal ‘700, è conosciuto come “Archivio di Corte” risalgono al XII/XIII secolo: già a quell’epoca è infatti testimoniato l’uso, da parte dei conti di Savoia, di conservare la memoria documentaria degli atti riguardanti la dinastia e i documenti più importanti per il governo della contea. I documenti più importanti, specie quelli dell’archivio comitale riguardanti i “titoli”, danno progressivamente origine al “tesoro di carte” della dinastia sabauda: un insieme di documenti particolarmente importanti dal punto di vista giuridico, che rappresentano il fondamento stesso del potere dei Savoia; conservati in forzieri insieme ai gioielli e agli oggetti più preziosi, essi, come parte del “bagaglio comitale”, accompagnano sempre il conte nei continui spostamenti da un territorio all’altro dei suoi domini. Questo uso prosegue anche dopo che l’archivio comitale trova una sua sede a Chambéry: nella capitale medievale degli Stati sabaudi, tra fine XIV e prima metà del XV secolo l’archivio dei titoli assume progressivamente una sua identità definita, in contrapposizione all’archivio della contabilità. Sono questi gli anni in cui l’archivio, trasformatosi allora da comitale a ducale, viene provvisto dei primi inventari: quelli di Jean Balay, oggi in gran parte perduti, e, tra il 1441 e il 1445, quelli di Henri de Clairvaux e di Jean d’Avénieres, giunti fino a noi. Appena prima dell’occupazione francese degli Stati sabaudi del 1536 il duca Carlo II allontana da Chambéry i documenti più importanti dell’Archivio dei titoli e di quello dei conti: i documenti vengono trasportati, insieme ad altri beni (tra cui la Sindone) parte nel castello di Nizza, parte nel forte di Bard in Valle d’Aosta, rimasti sotto il controllo dei Savoia; una parte degli Archivi resta invece a Chambéry, governata dai francesi. Il duca Emanuele Filiberto di Savoia, tornato in possesso dei suoi stati nel 1559, nel 1562 ordina il trasferimento dell’archivio di Bard nella nuova capitale, Torino, dove viene ripristinato l’archivio ducale dei titoli, la cui precisa identità, in contrapposizione con l’archivio contabile, si era andata perdendo nei decenni di crisi precedenti. Nei primi decenni del XVII secolo esso è citato nei documenti come Archivio del Castello (prendendo il nome dal luogo in cui è conservato, probabilmente l’attuale Palazzo Madama) in contrapposizione all’archivio della Camera (vale a dire della Camera dei Conti di Piemonte). Solo nel 1667 l’archivio dei titoli, ancora in disordine dopo l’arrivo a Torino, viene riordinato dall’avvocato e archivista Rocca, custode dell’archivio del Castello, cui si deve un inventario giunto fino a noi. Nel 1707 l’archivio ducale viene trasferito da Palazzo Madama a Palazzo Reale. In quegli stessi anni l’archivista Francesco Cullet inizia la stesura dei nuovi inventari dell’archivio ducale dei titoli, che dopo il 1713 assume il nome di Regi Archivi di Corte: tali inventari, 132 in tutto prodotti fino al 1798, sono in uso ancora oggi. Nel 1731 l’ “Istruzione di Sua Maestà all’archivista regio”, inviata dal re Carlo Emanuele III all’archivista Giovanni Claudio Garbiglione, prescrive per gli Archivi di Corte un ordinamento “per materia” che influenzerà in maniera decisiva la storia archivistica dell’Ente. Il 1731 è anche l’anno in cui l’architetto di Corte Filippo Juvarra inizia la costruzione del Palazzo degli Archivi di Corte; tre anni più tardi, nel 1734, avviene il “tramuto” dei documenti da Palazzo Reale al nuovo edifico juvarriano. Per tutto il XVIII secolo, fino alla caduta del dominio sabaudo adopera di Napoleone nel 1798, gli archivisti dei Regi Archivi di Corte proseguono l’ordinamento “per materie” delle carte. Nel 1804 il palazzo juvarriano viene destinato ad accogliere il Liceo della Città di Torino, non più capitale, ma semplice capoluogo di provincia dell’Impero francese. I documenti vengono dispersi in molti luoghi di Torino e del Piemonte; molte carte sono trasportate agli Archivi imperiali di Parigi, dove Napoleone cullava il sogno di costituire un Archivio universale. Con la Restaurazione gli archivisti torinesi sono impegnati nel ricupero dei documenti andati dispersi in epoca napoleonica e nella loro riorganizzazione secondo il criterio “per materie” già seguito nel secolo precedente e che ancora oggi caratterizza i fondi più antichi. Nel 1848, in seguito all’emanazione dello Statuto Albertino, i Regi Archivi di Corte cambiano la loro denominazione in Archivio Generale del Regno. Con l’Unità d’Italia, nel 1862, l’Archivio di Corte ottiene il ruolo di Direzione Generale degli Archivi del Regno e di Archivio Centrale del Regno d’Italia. Nel 1871, con la soppressione della Direzione Generale degli Archivi del Regno, quello che ormai si chiamava Archivio di Stato di Torino, al quale nell’anno successivo sarebbe stato aggregato l’archivio della Camera dei Conti, passa alle dipendenze del Ministero dell’Interno. Oggi l’antico Archivio di Corte, ancora collocato all’interno del Palazzo Juvarriano, è parte integrante dell’Archivio di Stato di Torino, ufficio periferico del Ministero della Cultura, del quale costituisce una delle quattro sezioni: la Sezione Prima, o Sezione Corte.