Primo. Derogando al disposto dal li articoli 20, e 21 tit. Il del tit. 13, ed all’articolo 10 tit. 20 libro 4 delle nostre Reali Costituzioni, dichiariamo d’or in awenire abolita la tortura d’ogni genere, ed in qualunque caso.
Secondo. Nel caso, in cui dalli articoli 20, e 21 tit. Il veniva prescritta la tortura, vogliamo che basti la comminatoria prescritta nell’articolo 21; che persistendo il reo a non voler rispondere, o fingersi pazzo, si avrà il delitto per confessato, e si avrà effettivamente per tale, se per prove, o sufficienti indizi sarà convinto, qualunque siagli la qualità del delitto, fermo rimanendo nel resto il disposto dalli stessi articoli non che dal successivo articolo 22.
Terzo. Qualora dalle nostre costituzioni veniva prescritta la tortura nel capo de’ complici, supplirà alla medesima un interrogatorio da darsi ai rei dopo la lettura della sentenza, in cui dopo aver rappresentato ai medesimi che per essi la lor sorte è decisa, e la causa è finita, si ammoniscano a dichiarare la verità, scoprire i complici non tanto de’ delitti per cui furono condannati, quanto di tutti gli altri, che potessero aver commessi, e non dedotti in processo.
Quarto. A maggior disinganno poi, ed affinché la falsa opinione non frapponga ostacolo al corso della giustizia, dichiariamo di nuovo, che l’infamia derivante da qualunque delitto, e dalla qualità della pena non si estende oltre la persona del reo, ed in conseguenza i parenti del medesimo, in qualsivoglia grado si trovino, non potranno soffrire per ciò alcuna taccia nell’onore, e nell’estimazione, di cui godevano per l’avanti.
Quinto. Dichiariamo di più, che ciò non sarà di alcun ostacolo a’ parenti, che ne sono provvisti per continuare nell’esercizio dei rispettivi loro impieghi, ed a conseguirne quelli, che con la loro condotta se ne renderanno meritevoli, e ad ottenere da noi in progresso quelli avanzamenti, decorazioni, e beneficenze, che si riconosceranno dovute al loro merito personale.
Sesto. Accordiamo poi col presente nostro editto piena, ed intiera grazia a tutti li rei di delitti commessi prima della data dell’editto nostro delli 21 scorso maggio, e non eccettuati come infra, e rimettiamo loro tutte le pene sì corporali, ed afflittive, che pecuniarie, e le confiscazioni, le quali non fossero già state esatte, e convenute, estendendo questa grazia altresì a favore dei già condannati, che stanno scontando le loro pene, e dei recidivi, che dopo aver gioito d’altro precedente indulto, o grazia particolare avessero di nuovo delinquito.
Settimo. Non volendo però, che tali tratti di nostra clemenza apportino pregiudizio alla pubblica tranquillità, e sicurezza, dichiariamo esclusi da tale beneficio coloro, che per l’atrocità de’ loro misfatti, o per la malizia, da cui furono accompagnati, più infesti si sono resi alla società, e per la perversità del loro carattere danno fondamento a credere, che giammai siano per ravvedersi.
Ottavo. Sono perciò esclusi dall’indulto li colpevoli de’ seguenti delitti: di lesa maestà si’ divina, che umana; di fabbricazione, cioè, e spendita di falsa moneta si’ nostra, che estera; di liberazione violenta di taluno dalle carceri, o dalle mani della forza armata; di parricidio, uxoricidio, fratricidio, infanticidio, assassinio, venefizio, omicidio premeditato, o senza causa, o con altra aggravante circostanza, ed anche commesso semplicemente in rissa, se questa fu eccitata per parte del reo, o per causa sproporzionata, ancorché ucciso si fosse uno per un altro; d’incendio doloso, furto con violenza ovunque commesso, estorsione con armi, o violenza di denaro; di falsificazione di scritture pubbliche, o private in pregiudizio altrui commesse tanto da notai, che da altri, di siggilli dello stato, cedole di banco, od altri effetti pubblici, di false giurate deposizioni, e di dolosa produzione in giudizio di tali scritture, o deposizioni, ancorché non avessero avuto effetto; di fallimenti dolosi, cooperazione, o doloso profitto in essi; di furto sacrilego, peculato, furto di bestiami nelle campagne, o nelle stalle, di due o più furti distinti di luogo, e tempo, od anche di un solo, se accompagnato da qualche aggravante circostanza di domestico, o con affidamento [ndr. confidando nell’oscurità] notturno, con rottura, sforzamento, scalata, od altro mezzo equivalente introducendosi per le finestre, o per li tetti; o coll’uso di chiave falsa, o da persona diffamata, o giustamente sospetta in tale genere; di truffa, di ricettazione dolosa di cose rubate che si tratterà di persone diffamate, o sospette in tal genere, o di previa intelligenza coi ladri; di resistenza e violenza alla forza pubblica, offiziali, ed agenti di giustizia, o preposti alla riscossione delle contribuzioni si’ dirette, che indirette, e loro servienti nell’esercizio delle loro funzioni, se in tali circostanze sarà succeduto sparo, ferita, o morte, ed anche semplice contusione con arma da contundente; di concussione, o malversazione qualunque in uffizio con prevaricazione, o falsità: se però taluno di questi inquisiti per difetto di aggravanti circostanze potesse meritarsi l’admissione all’indulto, vogliamo che siano nulla di meno inabilitati all’esercizio di qualunque pubblico uffizio.
Nono. I minori d’anni 20, e 25 rispettivamente anche per i delitti sovra eccettuati potranno venire admessi all’indulto, quando per ragione di sua età avrebbero scanzata la pena ordinaria, se fossero stati giudicati sotto il regime delle nostre costituzioni.
Decimo. Coloro che intenderanno gioire di questo nostro generale indulto dovranno aver ricorso ai nostri supremi magistrati, a cui spetta rispettivamente la cognizione de’ loro delitti fra sei mesi dalla data del presente per rapportare l’opportuna declaratoria, e passeranno dopo di essa sottomissione avanti il magistrato, o giudice ordinario del luogo del commesso delitto di vivere in awenire da uomini dabbene, onesti, e fedeli sudditi, ed obbedienti alle leggi, e di astenersi da ogni delitto, e frà un mese dalla data della declaratoria far fede di essa, e dell’atto di sottomissione avanti lo stesso giudice. Non volendo con questo nostro atto di clemenza pregiudicare alle parti offese, e danneggiate, non faranno gli inquisiti admessi all’indulto, se non faranno constare con atto pubblico, od almeno per testimoniali ricevute da notaio dell’ottenuta pace, e risarcimento, o condono rapportato dei danni, o quanto meno d’aver usate tutte le possibili diligenze per ottenere quanto sopra, e che solo la loro povertà, e l’irragionevole durezza, ed esorbitanti pretese degli offesi, e danneggiati li hanno impediti di adempirvi.
Undecimo. Ove per particolari circostanze stimassero li nostri magistrati doversi escludere taluno dei rei compresi nell’indulto da questo nostro beneficio, ne rassegneranno a noi le loro rappresentanze per le nostre determinazioni. Potranno però aggiungere nell’ammissione all’indulto quelle particolari cautele, che stimassero più convenienti alle circostanze de’ capi, ed al pubblico bene. Mandiamo al Senato di Piemonte, ed alla Camera de’ Conti d’interinare il presente ed alla copia stampata nella Stamperia Reale prestarsi la stessa fede, che al proprio originale; che tal è nostra mente.
Dato in Torino li dieci del mese di giugno, l’anno del Signore mille ottocento quattordici, e del regno nostro il decimoterzo.
V. Emanuele.