L’archivio comprende 466 unità, tra fascicoli e registri, condizionate in 178 mazzi, con un arco cronologico che va dal 1528 al 2006. In base al principio di provenienza, l’archivio è stato suddiviso in più fondi familiari.Si ha quindi un archivio Pallavicino di Ceva propriamente detto e diversi complessi documentari relativi alle famiglie confluite nei Pallavicino: Famiglia de Bardonnanche; Famiglia Ceva di Battifollo; Famiglia Incisa di Camerana. A parte, in Famiglie varie, sono stati elencati i documenti non riconducibili con chiarezza ad alcuna delle famiglie riscontrate. Seguono poche Carte relative al comune di Quiliano, delle quali non è chiara la provenienza, ma che contengono un interessante frammento cinquecentesco degli statuti del luogo, e in ultimo tre Protocolli di notai di Ceva. Per quanto riguarda l’archivio della famiglia Pallavicino, si tenga presente che la serie Famiglia contiene documentazione ripartita per fascicoli individuali, comprendenti documenti, corrispondenza, contabilità personale. Nella serie Diritti feudali e patrimoniali il materiale è ripartito per località di pertinenza, cominciando dai feudi, elencati per ordine di antichità di possesso, e continuando con i complessi di beni allodiali, secondo lo stesso criterio. Si segnala che nella serie “Ceva” possono trovarsi anche documenti concernenti il feudo di Priola e i beni di Roasio, Magliano e Carrù, non sempre amministrati distintamente. Allo stesso modo, sotto “Robella” sono confluiti anche i pochi documenti relativi a beni siti in Piazzano (Castel San Pietro).
Prima del riordino, l'archivio Pallavicino di Ceva era conservato in faldoni solo apparentemente
omogenei, che all'apertura hanno rivelato spesso documenti di natura molto lontana tra di loro, in
completo disordine. In alcuni casi la presenza di polvere, foglie e calcinacci induceva a pensare che
le carte fossero state raccolte dal pavimento del castello di Ceva, in cui avevano conosciuto un
periodo d'abbandono conseguente al secondo conflitto mondiale. Le carte di Casimiro Pallavicino
iunior e di sua moglie Maria, poi, includevano un gran numero di fogli bianchi e di carta da lettera
che, insieme al disordine generale, facevano immaginare la diretta provenienza dallo svuotamento
di scrivanie.
Dalla sopravvivenza di antiche camicie e faldoni di foggia differente si è dedotta la compresenza di
più fasi d'archiviazione. Non si conservano inventari significativi, se non un inventario di scritture
(in realtà un mero elenco topografico) steso nella seconda metà del Seicento da Giovanni Battista
Pallavicino. Il primo ordinamento di cui si conservino tracce di una qualche consistenza, su un
nucleo di “camicie” cartacee, è però successivo, del maturo Settecento: dalle segnature si evince
l’esistenza di sottoserie, individuate per tipologie documentarie o nuclei d’interesse giuridico e
patrimoniale. A questo nucleo si sovrappose un tentativo di riordino parziale - riguardante
materiale sia coevo sia settecentesco - da parte di Luigi Pistone, amministratore dei beni di Luigi e
Leonia Pallavicino nella seconda metà dell'Ottocento, al quale si devono le scritte apposte su altre
camicie e su qualche faldone. Tra la prima metà dell’Ottocento e quella del Novecento l’archivio
fu accresciuto con la corrispondenza di Paolina, Luigi, Leonia e Casimiro iunior: centinaia di lettere, talora conservate nelle rispettive buste, talaltra separate. Di Casimiro, poi, si conservano
diverse cartelline, in cui egli conservava le proprie carte in ordine all’amministrazione patrimoniale
e alla corrispondenza (“Conti Ceva”, “Città di Ceva”, e così via, più cartelle intestate a singoli
corrispondenti o agenti).
Nella seconda metà del Novecento vi fu un intervento di riordino, circoscritto al raggruppamento
delle lettere dei duchi di Savoia e alla costituzione di fascicoli sommari comprendenti censi,
successioni e interessi patrimoniali vari.
Infine. in vista del deposito in Archivio di Stato nel 2005, l’archivio venne dotato di un elenco di
consistenza, stilato dalle dott.sse Roberta Audenino e Wanda Gallo.