Un viaggio tra le legature conservate nella Biblioteca dei Regi Archivi.
La prima funzione delle legature è proteggere i fascicoli che compongono un volume e impedirne la dispersione. Nella forma più raffinata, la decorazione dei piatti e del dorso valorizza il contenuto del libro, dichiara il suo prestigio culturale e quello del suo proprietario. Considerate oggetti da collezione sin dal Settecento, solo in tempi recenti le legature sono state riconosciute come beni culturali, da studiare, salvaguardare e restaurare.
Inizialmente considerate meri supporti impiegati per impedire la dispersione dei fascicoli e, come tali, sostituibili con esemplari più robusti o alla moda ogni qual volta se ne avvertisse la necessità, le legature, soprattutto quelle di pregio, cominciano a suscitare un interesse specifico a partire dal XVIII secolo. Il loro riconoscimento quali beni culturali, da salvaguardare e restaurare, è invece un fenomeno assai recente, conseguenza di una rinnovata sensibilità che presenta il manufatto sotto una nuova luce, evidenziandone il valore di testimonianza storica.
“Abiti dei libri” e opere d’arte, le legature non sono però solo materia e decorazione: hanno valore di “documento”, sono specchio della società e prezioso archivio di informazioni sulla storia sociale e in particolare sull’istruzione, la lettura e, più in generale, lo sviluppo intellettuale dell’uomo.
Questo itinerario virtuale tra gli esemplari più significativi custoditi nella Biblioteca Antica dell’Archivio di Stato di Torino mette in rilievo il diverso modo in cui ogni volume si presenta con il suo involucro, dalla forma più semplice, realizzata per isolare, tutelare e garantire la coesione dei fogli, a quella più raffinata, in cui la decorazione della coperta, dei piatti e dei dorsi diventa elemento caratterizzante del volume.
Legature antiche
Iniziamo il nostro percorso con due tra le opere più antiche presenti nel patrimonio librario di questo Istituto: l’Epitome divinarum institutionis di Lactantius Firmianus (Jb.II.27) e la Biblia magna della Novalesa (Jb.I.15). Proveniente dal monastero di San Colombano di Bobbio, l’Epitome del Lattanzio, preziosissimo volume in scrittura onciale del VI-VII secolo, è legato con pergamena rigida anonima, cioè priva di decori, su cartoni a fogli, verosimilmente del XV-XVI secolo.
A questo rarissimo manoscritto è possibile affiancare un’edizione a stampa di epoca posteriore, maggiormente curata nelle rifiniture (Jb.VII.7). L’opera, edita a Venezia nel XV secolo, è un esempio di legatura veneziana in pelle marrone, decorata a secco su tavolette bisellate internamente. Le condizioni di conservazione rendono tuttavia problematica la leggibilità del decoro.
La Cité de Dieu
Manoscritto membranaceo realizzato in scrittura gotica rotunda del XV secolo, l’opera, risalente al 1466, traduce dal latino al francese un testo ben più antico, il De Civitate Dei di Sant’Agostino, scritto tra il 413 e il 426.
Le sue preziose miniature istoriate, poste all’inizio di ciascun capitolo allo scopo di preannunciarne l’argomento, sono state probabilmente eseguite da una bottega di miniatori di Bruges, mentre l’elegante legatura in velluto rosso, con borchie di rame dorato ad alto rilievo, è quella tipica dei libri di Antonio di Borgogna.
L’opera originariamente è composta da due volumi che, conservati separatamente, vanno incontro a destini diversi:
il primo, custodito presso la Biblioteca Nazionale Universitaria, viene gravemente danneggiato durante l’incendio del 1904, mentre il secondo, ricompreso nel patrimonio librario della Biblioteca dei Regi Archivi, si presenta oggi in buono stato di conservazione e, nella sua veste originale, aiuta a ricostruire le sembianze dell’esemplare compromesso.
Una descrizione risalente al 1898, redatta in occasione della Mostra d’Arte sacra a Torino, restituisce fedelmente le fattezze della legatura originale del testo conservato in Archivio di Stato, in cui è ancora possibile osservare le borchie di rame dorato e il pelo di trama che, sebbene consumato sui piatti, rivela traccia dell’aspetto originario e della vivacità del colore nei punti in cui le borchie sono mancanti e il velluto sottostante si è conservato meglio.
La Bottega dei legatori
L’attenzione dei Savoia nei confronti del loro patrimonio librario è una caratteristica che ricorre nei secoli e trova compiuta espressione nella scelta di valorizzare le raccolte anche attraverso la sostituzione di legature logore o non rispondenti alle mode del tempo. Nel XVIII secolo Vittorio Amedeo II costituisce a questo scopo la Bottega dei legatori dei Regi Archivi, dando vita ad un’iniziativa senza precedenti nel panorama europeo dell’arte della legatoria.
Sono straordinari esempi dell’attività di questi artigiani la Cosmografia di Tolomeo, 1482 (Jb.III.6); l’Atlas sive cosmographicae meditationes de fabrica mundi et fabricati figura di Mercatore, 1606 (Y.II.4); l’Arcano del mare di Robert Dudley, 1647 (Z.III.1).
Queste opere, di grande formato, sono accomunate dalla fattura della legatura, realizzata in pelle di scrofa decorata da cornice con nodi d’amore (o nodi Savoia) e motto FERT, e con stemma al centro del piatto raffigurante l’arma di Vittorio Amedeo II, re di Sicilia e poi di Sardegna.
Le Antiquitates
Caso particolarmente curioso, la storia della legatura dei 30 volumi di Pirro Ligorio. L’opera, che riveste sempre un grande valore agli occhi dei Savoia, viene acquistata sul mercato antiquario romano da Carlo Emanuele I per 18.000 scudi con una diversa legatura rispetto a quella attuale. Probabilmente, a causa dell’uso a cui erano stati sottoposti ripetutamente i volumi per trarne copie da inviare ai molti richiedenti, la legatura originale viene sostituita una prima volta nel 1644, per ordine di Cristina di Francia e successivamente nel XVIII secolo, a seguito dell’acquisto di altri 4 tomi da parte di Vittorio Amedeo II, per annullare la discontinuità che si era venuta a creare tra le diverse legature: la rilegatura globale, quella con la quale i tomi ci sono stati tramandati, è realizzata in pergamena rigida avoriata con doppio riquadro di filetti ai piatti, fioroni pointillés accantonati e armi di Vittorio Amedeo II.
Committenza sabauda
La necessità di formare la classe dirigente, accrescere la cultura e le conoscenze del principe e sostenerne l’attività di governo sono le ragioni che inducono i Savoia a commissionare opere di carattere scientifico e umanistico per oltre tre secoli. La Biblioteca dei Regi Archivi rivela però che la committenza sabauda è animata anche da altri interessi e dal desiderio di possedere opere di eccezionale bellezza che diano lustro alla famiglia, come testimonia la presenza dei lussuosi codici miniati del cardinale Della Rovere acquistati da Carlo Emanuele I nel 1592.
Nonostante la tripartizione del patrimonio librario operata in epoca Settecentesca, manoscritti di inestimabile valore che non riguardavano, nello specifico l’attività di governo, erano confluiti nella Biblioteca dei Regi Archivi. La ragione è da ricercarsi nella maggior sicurezza offerta dal luogo di conservazione e dal valore simbolico attributo ad alcune opere, quali il codice di Lattanzio e la raccolta di Pirro Ligorio che Carlo Emanuele I si era assicurato con grande esborso di denaro. La Biblioteca antica conserva un ingente numero di legature che riflettono la passione naturalistica, l’interesse per l’araldica e l’amore per la poesia di questo principe e durante il suo regno si contano continue e consistenti addizioni.
È il caso della legatura in pelle a riquadri, alle armi di Carlo Emanuele I sull’opera Observationes practicae Imperialis camerae, 1595 (P.III.4): su pelle rossa, fasci di filetto a secco e due dorati descrivono una cornice in cui si alternano nodi d’amore e doppia C intrecciata. Una rosellina accantonata esterna e una composizione di fiorone e volute completano la decorazione del piatto.
Legature d’Archivio
Molto comuni e diffuse in ambito archivistico sono le legature chiamate “long stitch” o “a punto lungo”. Si tratta di cuciture, generalmente realizzate su coperta in cartoncino rinforzata con pelle allumata e senza nervi, che consentivano di ancorare i fascicoli alla copertina in modo rapido. Rispetto alle legature presentate nelle sezioni precedenti, si caratterizzano per la semplicità di realizzazione e per la pressochè totale assenza di raffinatezza, sottolineata dal filo di cucitura, visibile all’esterno.
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Testi di Isabel Costa